Per la rubrica La voce del Cittadino, riceviamo e pubblichiamo le considerazioni di Raffaele Paparella sulla vicenda Lario-Berlusconi…
In un sistema economico, se un solo individuo sta meglio e nessun altro sta peggio di prima, quel sistema economico si definisce pareto-ottimale, ed è quindi preferibile al precedente.
L’affermazione nasce dalla scuola degli economisti classici di Losanna (Svizzera), fondata dal francese Leon Valras e dall’italiano Vilfredo Pareto.
E’ notizia recente che i magistrati hanno stabilito con sentenza che Silvio Berlusconi deve un vitalizio di 100mila euro al giorno, pari a 3 milioni di euro al mese, all’ex coniuge Veronica Lario, per garantirle il tenore di vita che aveva prima della separazione.
Ora, proviamo a togliere un solo euro alla signora Veronica Lario per darlo ad una famiglia povera, lasciando invariato il reddito di tutti gli altri individui. Il nuovo sistema economico non sarebbe pareto-ottimale in quanto c’è un individuo (la signora Lario) che sta peggio, e quindi, quel sistema economico non è da preferire al precedente.
Alcune considerazioni.
Se questo è vero dal punto di vista economico, o meglio, della teoria economica, è altrettanto vero che dal punto di vista etico il modello pareto-ottimale risulta egoistico ed iniquo, quindi ingiusto. Dal punto di vista politico-sociale, incrina la coesione sociale (perchè devo osservare una legge che mi rende povero?), mette in discussione il principio di solidarietà posto alla base della convivenza civile (perchè devo darti una mano se quando sono in difficoltà tu non la dai a me?), paradossalmente, come vedremo, non aiuta l’economia.
Insomma il modello “può essere giusto in teoria, ma non vale per la pratica” (I.Kant).
Dal punto di vista politico, posto che l’uomo non è un isola a sè stante ma interagisce con i suoi simili generando interdipenenza reciproca, insorge l’obbligo politico da parte di ogni individuo nei confronti di tutti gli altri e si impone quindi, interventi di politica economica per armonizzare e perequare il sistema, renderlo più solidale e coeso ed economicamente vantaggioso per tutti.
In sostanza la società politica necessità dell’intervento di un terzo per regolare l’egoismo della mano invisibile di Adam Smith che cerca ed ottiene la massima utilità economica, perdendo di vista la vita e l’anima delle persone.
Ora, proviamo a chiederci come farebbe la signora Lario a mantenere il suo tenore di vita se non avesse la disponibilità del cuoco, dei domestici, del giardiniere, delle sue guardie del corpo, degli operai che costruiscono le auto per le sue passeggiate e gli autisti che le guidano, degli aerei che le servono per spostarsi oppure dei contadini che producono le derrate di cui si alimenta, dei medici che la curano e di uno Stato che la protegge?
Non è forse la signora Veronica quella che è, e può fare quello che fa grazie alla presenza dell’altro con cui costantemente si relaziona?
Del resto la signora Lario non cambierà certo il suo tenore di vita se uno dei centomila euro fosse destinato ad una famiglia indigente. Al contrario, se ne avvantaggerebbe l’economia in generale e quindi ella stessa. Infatti il suo euro verrebbe speso e sommato alla domanda di beni e servizi, contribuendo alla crescita dell’intero sistema economico. Cosa che non accadrebbe se quell’euro fosse rimasto li dov’era.
La spiegazione è molto semplice. In economia la domanda aggregata di beni e servizi (i consumi) viene alimentata interamente dalle famiglie con redditi medio-bassi, mentre solo una parte dei redditi medio-alti si trasforma in consumi. La parte eccedente, quella rimasta dopo aver soddisfatto i bisogni primari, alimenta il risparmio (capitolo che in questo momento non intendo affrontare ma che a sua volta richiede altre riflessioni).
Da questi cenni alquanto semplici e comprensibili a tutti, presenti nei comportamenti dei consumatori in un mercato libero e concorrenziale, alcune considerazioni si possono trarre.
Per esempio. La nostra Repubblica è fondata sul lavoro. La società in cui viviamo è organizzata sul lavoro. Ed è sempre il lavoro, la fonte primaria del reddito delle famiglie.
Ma se il lavoro manca, ed è sotto gli occhi di tutti che non c’è, viene a mancare anche il reddito delle famiglie e con esso i consumi. La domanda interna si contrae e si entra in un ciclo economico depressivo definito dagli economisti recessione le cui conseguenze le stiamo vivendo sulla nostra pelle giorno dopo giorno.
Ma c’è di più. Sinora i paradigmi economici conosciuti, a partire dalle teorie di J.M.Keynes, hanno fornito una risposta ed un’uscita di sicurezza da condizioni di difficoltà (vedi la crisi del 1929), ma che oggi hanno perso vigore non riuscendo a fornire risposte a nuovi fenomeni economici come la stagflazione (presenza contemporanea di inflazione e stagnazione economica).
Allora che fare?
Separare il reddito dal lavoro garantendo un reddito minimo per tutti?
Dare lavoro alla maggior parte delle persone, ed in linea di principio a tutti gli individui?
E se questa è la strada da percorrere, come? Lavorando meno, lavorando tutti? Guadagnando meno, lavorando tutti?
Eppoi. Una società dove la maggioranza delle persone non lavora, studenti, disoccupati, volontari, cassa integrati, lavoratori in formazione e pensionati, può definirsi una società del lavoro?
E se invece la società in cui viviamo fosse la società delle attività, dove il lavoro è solo una componente marginale della nostra vita, mentre continuiamo ad organizzarla funzionalmente su un modello sociale che ruota ancora attorno al lavoro che non c’è?
Potremmo continuare all’infinito con le domande e questo è utile per il mondo della teoria che non ha termini nè scadenza. La famiglia indigente di cui abbiamo parlato pone delle domande a cui dobbiamo delle risposte oggi. Dobbiamo decidere se darle quell’euro. Adesso. Domani potrebbe essere tardi.
Raffaele Paparella
da www.paparella.it